L’agenzia di Stato Irna si è affrettata a chiudere il caso: «Il presidente ha trovato il martirio nello schianto di un elicottero causato da un guasto tecnico ». Una versione netta che cerca di spazzare via qualsiasi sospetto. Ma quando un leader scompare in una situazione di crisi, dubbi, illazioni e teorie complottiste sono destinate ad aleggiare a lungo sopra i rottami. A partire proprio dalla questione dei tre elicotteri.
Il primo comunicato ufficiale infatti sosteneva che il Bell 212 di Raisi era scortato da altri due elicotteri. Nel video che mostra l’ultimo decollo si distinguono con chiarezza la sagoma di un robusto MI Mil-17 russo e di un altro Bell.
Entrambi sono a terra e non hanno i rotori in movimento: quindi non hanno volato in formazione assieme al presidente, affiancandolo per rendere più difficile identificare su quale mezzo si trovasse o proteggendolo con i sistemi di contromisure anti-missile presenti almeno sul Mil-17.
Avere lasciato senza scudo il mezzo di Raisi è una prassi molto anomala. Ancora più sorprendente considerando che la trasferta si svolgeva in una regione di confine, in prossimità dell’Azerbaijan dove sono presenti tecnici e istruttori militari israeliani e dove stava atterrando un cargo militare C17 degli Usa.
Una presenza assolutamente insolita per la capitale azera: il Dipartimento di Stato ha rivelato che domenica Teheran ha chiesto aiuto alle autorità americane per le ricerche dell’elicottero scomparso, ma non è chiaro se la missione del velivolo da trasporto possa essere legata ai soccorsi.
A individuare i rottami è stato invece un grande drone turco da ricognizione Bayraktar Akinci, equipaggiato con un radar a scansione elettronica e un sensore a infrarossi. Un’altra circostanza che irrobustisce i dubbi sulla reale presenza degli altri due elicotteri: se fossero stati in viaggio insieme al presidente, nonostante la nebbia avrebbero notato e segnalato la zona della scomparsa.
Infine la scelta infelice. C’erano comunque tre elicotteri disponibili sul piazzale, ma perché Raisi è stato fatto salire proprio sul Bell 212 che aveva trent’anni sulle spalle e apparati di navigazione inadatti a quel clima?
Il personale era a conoscenza delle pessime condizioni meteorologiche e della necessità di sorvolare cime di duemila metri con venti imprevedibili. Il Mi russo sarebbe stata forse la scelta più sicura. Grazie a un accordo con Mosca, da diversi anni queste macchine ricevono manutenzione accurata e ricambi originali russi. Invece il Bell 212 di pale ne ha due ed è abbastanza raro che venga impiegato in montagna. Inoltre, come per tutte le apparecchiature suscettibili di impieghi bellici, anche questi elicotteri sono sottoposti a embargo: gli iraniani fanno salti mortali per procurarsi i pezzi di ricambio e spesso gli innesti non riescono alla perfezione.
Ai comandi c’erano i colonnelli Seyed Taher Mostafavi e Mohsen Daryanosh, dell’Aeronautica militare: la squadriglia presidenziale infatti viene gestita dalle forze armate e non dai guardiani della Rivoluzione, che si occupano della sicurezza dell’ayatollah Khamenei.
E il capo di Stato maggiore della Difesa, Mohammad Bagheri, ha ordinato un’inchiesta per chiarire le cause dello schianto: il velivolo si è rovesciato, come se un colpo di vento o una massa d’aria l’avesse capovolto prima di spingerlo contro il terreno. O come se la doppia turbina canadese si fosse bloccata all’improvviso nel mezzo della bufera.