La presunta associazione per delinquere, al centro dell’inchiesta milanese sui dossieraggi, gode “di appoggi di alto livello, in vari ambienti, anche quello della criminalità mafiosa e quello dei servizi segreti, pure stranieri” e gli indagati “spesso promettono e si vantano di poter intervenire su indagini e processi”.
Lo scrive negli atti il pm della Dda Francesco De Tommasi, che spiega che il gruppo riconducibile alla società Equalize ha una struttura “a grappolo”: ogni “componente” e “collaboratore” ha a sua volta “contatti nelle forze dell’ordine e nelle altre pubbliche amministrazioni” con cui “reperire illecitamente dati”.
“Carmine è a rischio perquisizione, quindi noi non dobbiamo lasciare qua nessun materiale estraneo.” E’ una delle intercettazioni nella richiesta di arresti della Dda di Milano nell’indagine che ha smantellato una rete di spioni che, guidati dall’ex super poliziotto Carmine Gallo, e con il benestare di Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera, avrebbe confezionato su commissione dossier illeciti setacciando le banche dati strategiche nazionali.
Nunzio Samuele Calamucci avrebbe avuto “a disposizione” un “hard disk contenente ottocentomila Sdi”, ossia informazioni acquisite dalla banca dati delle forze dell’ordine. “Ottocentomila Sdi, c’ho di là”, diceva intercettato parlando lo scorso gennaio con l’ex poliziotto Carmine Gallo, anche lui arrestato.
In un’altra conversazione del novembre 2023, Calamucci avrebbe avuto la preoccupazione di “mettere da parte”, ossia trasferire dati, di “sei, sette milioni di chiavette che c’ho io”. Aveva una “mole di dati da gestire – scrivono i pm – enorme, pari almeno a 15 terabyte”. Lo si legge negli atti dell’inchiesta della Dda di Milano.
Anche Gallo, ora ai domiciliari, parlando con Calamucci – entrambi, per l’accusa, al vertice del “gruppo” che fabbricava dossier – faceva riferimento alla “destinazione finale del proprio archivio”, che era “occultato” a casa della segretaria della società di investigazione Equalize, amministrata dallo stesso ex ispettore di polizia e di proprietà di Enrico Pazzali, presidente della Fondazione Fiera Milano.
Il gruppo aveva adottato la “pratica usuale” di eliminare i “dati abusivamente esfiltrati”. Molti sono i dialoghi in cui si dice di “far sparire tutto” perchè “non si sa mai”.
Gallo spiegava, si legge negli atti, di aver portato da poco degli scatoloni a casa della segretaria e che lei li avrebbe dovuti spostare in un garage. “Non c’ha le chiavi del garage – raccontava – quindi gli scatoloni li ho portati a casa sua. Ha detto poi li porta lei giù (…) così siamo a posto, non dobbiamo avere nulla qua”.