Come tifoso ho sempre sentito parlare di “stile Juve”: sono anche stati scritti dei libri sull’argomento. Senza scomodare Goethe (“Semplice imitazione, maniera, stile”) diciamo che per stile si intende una sintesi di “valori estetici” che, nel caso bianconero in particolare, farebbero riferimento all’eleganza, alla signorilità, al savoir faire.
La sagace schiettezza di Boniperti, unita allo humor snob dell’Avvocato, era insuperabile. Per scoprire dei “valori estetici” in Moggi credo non basterebbe Kant, meglio rinunciare. Andrea portava con quel cognome una estetica delle origini… ma quando chiamò lo sciagurato Paratici e il palpatore Nedved a dirigere la Juventus fu la Caporetto di ogni savoir-faire, il cui epilogo direi si possa trovare nell’esame di italiano di Suarez.
Allegri era dotato di humor bianconero, forse per questo non troppo apprezzato dal glamour internazionale degli Elkann, che la Juventus se la sono trovata in eredità. Incaricato di cancellare ogni traccia dell’era Agnelli-Allegri (stile damnatio memoriae), Giuntoli è entrato nella parte che un tempo fu del “boia”: con Djalo e Alcaraz come rinforzi era sicuro che Allegri non avrebbe vinto nemmeno la Coppa Italia. E invece… Cacciato, comunque, per l’interista Thiago Motta.
Con Scanavino (torinista), il commercialista Ferrero e il forse viola Giuntoli la questione dello “stile” si è spostata sul piano del diritto del lavoro: i calciatori sono gli unici lavoratori europei per i quali i contratti firmati scadono l’anno prima e, se non stai alle condizioni del datore di lavoro pro-tempore, nell’ultimo anno scatta il demansionamento professionale (tribuna), secondo alcuni avvocati un vero e proprio mobbing.
In un mondo normale, infatti, i giocatori sono dei prestatori d’opera che dovrebbero arrivare a fine contratto e poi rimettersi sul mercato del lavoro (con alcuni “fenomeni” tipo Dybala, Rabiot e Chiesa che poi si accorgono che nessuno se li piglia) in regime di libera concorrenza. Se i datori di lavoro pro-tempore hanno pagato all’inizio un indennizzo al precedente datore di lavoro per averli, ogni anno fanno un accantonamento per giungere a zero: facile, no?
Ed è proprio in questa convulsa situazione che, finalmente, abbiamo scoperto, dopo decenni e decenni, dov’era nascosto lo stile Juve: in Wojciech Szczesny. L’operazione è questa: abbiamo uno dei più forti portieri del mondo in scadenza l’anno prossimo che costa 7,5 milioni all’anno.
Il signor Giuntoli, per risparmiare, spende 20 milioni per tale Di Gregorio (zero partite in Europa), gli dà 2,5 milioni di stipendio e poi ne da 6,5 a Szczesny per andarsene. All’esame di matematica di terza elementare nessun scolaro sbaglierebbe la risposta: aspettare l’anno prossimo, no? No, perché Szczesny era dell’era Agnelli-Allegri.
Szczesny se ne va con una eleganza mai vista: “Per me i contratti si rispettano, ma se la società che mi ha dato tanto ha deciso così lo accetto”. Szczesny è un bravo pianista, e uno dei pochi battutisti degni dell’Avvocato: “Effettivamente abbiamo contenuto la Fiorentina per 89 minuti”. E’ lo stile Szczesny, che è un’altra cosa rispetto allo stile Juve, che è come l’unicorno, l’araba fenice, il Santo Graal… lo stiamo ancora cercando.