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Gli avevano preparato uno scacco matto e da navigato com’è ha tentato di anticipare gli avversari ma a detta di molti rischia l’osso del collo. Prigozhin ha tentato di rovesciare il tavolo prima che fosse troppo tardi.
Nella macchina militare russa Prigozhin ha una fitta ragnatela di informatori che lo ha informato della mobilitazione dei reparti speciali e di quel via vai di quadrireattori Ilyushin che spostavano soldati, con un traffico giovedì e venerdì mattina nei cieli tra San Pietroburgo, Mosca e il Mar Nero come non si vedeva dai giorni dell’invasione dell’Ucraina.
Il capo della Wagner ha studiato ogni passo con la maestria della disinformatia, l’arte sovietica della propaganda che oggi viene banalizzata come fake news. La disinformatia è molto di più, serve a delegittimare gli avversari ma anche a dare una carica emotiva agli amici.
In un video ha parlato di un attacco missilistico lanciato dall’esercito contro un accampamento dei suoi guerrieri privati. Il casus belli per giustificare la rivolta agli occhi di uomini abituati a obbedire al capo servendo la patria: chi cerca di uccidere gli “eroi” che sono al fronte per servire la Russia questo è il messaggio non merita rispetto.
Ha smentito la narrativa del Cremlino, forse la scelta più eversiva, dichiarando in video che non c’erano motivi per invadere l’Ucraina e che l’intera “operazione militare speciale” era una montatura del ministro della Difesa Shoigu, il suo arcinemico, che ha mandato al massacro i soldati russi.
Ha esportato a scendere in piazza per ribellarsi a questa banda di generali inetti e corrotti. Il dado è tratto. Senza mai nominarlo, il capitano di ventura ha lanciato la sfida al suo amico e committente, con cui ha condiviso l’ascesa al potere nell’ultimo quarto di secolo: Vladimir Putin.
Tra un video e l’altro gli incursori del Gru, l’intelligence militare fedele a Shoigu, o quelli del Fsb, l’ex Kgb più vicino al Cremlino con la massima riservatezza si sono attivati con l’obiettivi di catturare lui e i suoi luogotenenti, ancora prima che venisse resa nota l’apertura di un procedimento penale.
Hanno cercato di evitare in tutti i modi uno scontro aperto con i suoi pretoriani. Alcune fonti sostengono che molte unità scelte di parà, appena conosciuto il bersaglio, si siano rifiutate di prendervi parte.
Con il passare del tempo fallito il blitz si è diffusa la convinzione confermata oggi dai fatti che sarebbero stati i soldati della Wagner a passare all’offensiva, soprattutto a Rostov, dove c’è il comando dell’armata che combatte in Ucraina.
Molti blogger su Telegram animano tantissimi canali che sono diventati molto influenti perché seguiti dalla nomenclatura militare russa e c’è chi sostiene che anche Putin in persona li segua. Su questi importanti canali Telegram monta tantissimo il dibattito.
A chi credere? Seguire il condottiero di Bakhmut, un capo coraggioso sempre sulla linea del fuoco con i suoi “soldsti”? Obbedire al ministro della Difesa che manda i reparti all’assalto ma si tiene lontano dalle trincee? Alcuni non hanno esitato: “E’ il presidente che comanda, sarà lui a giudicare. Noi evitiamo di dividerci e pensiamo a vincere la guerra”. Altri invece sposano la linea del golpe: “A San Pietroburgo se si dovesse scegliere nessuno avrebbe dubbi. Putin nessuno sa dove sia, è fuori dalla realtà”.
Infatti Prigozhin annuncia la sua marcia su Rostov. Ha varcato il Rubicone, andando allo scontro frontale con il Cremlino. Sulla carta, ha tutti contro: i militari, la rosvgardia, i ceceni di Kadyrov, i servizi segreti. Prigozhin ha la fama di uomo duro, a cui una parte di russi guarda con benevolenza, smarrita dalle incertezze e dalle disfatte di Putin. Quanto è grande il consenso del centurione? Lo capiremo oggi, con la certezza che nulla sarà più come prima.
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