Associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzato a scommesse clandestine e relativo alla morte di Marco Pantani. La Procura di Trento è al lavoro sul caso Madonna di Campiglio: il 5 giugno 1999 il Pirata fu fermato per ematocrito alto prima della penultima tappa di un Giro d’Italia dominato e fu escluso dalla corsa. Ferdinando “Paolo” Pantani, il padre di Marco, da sempre accanto alla moglie Tonina alla ricerca di una possibile verità alternativa a quella ufficiale, non smentita dalle precedenti inchieste della magistratura, sia sui fatti di Madonna di Campiglio, sia sulla drammatica morte del Pirata, avvenuta in un hotel di Rimini il 14 febbraio 2004, è un fiume in piena.
«Il mio Marco» racconta commosso, «è ancora seguito in tutto il mondo e sono tantissime le persone che gli hanno voluto bene, che si sono esaltate con le sue imprese e che ne parlano ancora. Me l’hanno distrutto e fatto fuori per una questione di miliardi. È stato distrutto nel ’99 perché si stava ripetendo e stava rivincendo il Giro dando minuti agli altri. L’ha distrutto il potere: la camorra e il suo giro di scommesse clandestine. Avevano scommesso tutti su Marco, sarebbero saltati in aria». Paolo Pantani si reca tutti i giorni al cimitero, a trovare suo figlio, e là incontra sempre tifosi e cicloamatori vestiti di giallo e di rosa, in processione incessante. In quella tomba a forma di salita, con dei tornanti intagliati nel marmo, riposa il Pirata con suo nonno Sotero. «Gli hanno fatto l’esame un’ora dopo l’orario dichiarato » aggiunge Paolo Pantani, «e hanno tenuto la provetta al riscaldamento della macchina per alterarne il contenuto. Aveva già fatto 4 esami, aveva 47-48. Quel giorno gli hanno trovato 52».
Parole di un cuore devastato, ipotesi che si incrociano in una vicenda da sempre estremamente poco chiara, dai contorni sfumati. Alle 6.30 di quella mattina i medici dell’Uci (Unione ciclistica internazionale) salirono al secondo piano dell’Hotel Touring di Madonna di Campiglio ed entrarono nella stanza 27 di Marco. Il controllo venne fatto solo un’ora e mezza dopo, alle 8, e ripetuto due volte. 52%, indice non di doping ma di qualche alterazione: il limite stabilito dall’Unione ciclistica internazionale (che effettuò attraverso i suoi medici il controllo) era 50%. «Ero già stato controllato nei giorni scorsi, avevo 46, oggi mi sveglio con una sorpresa, c’è qualcosa di strano » disse Pantani, che ripeté l’esame a Imola il pomeriggio di quel terribile 5 giugno: l’ematocrito era sceso a 48%. Ma la corsa era proseguita senza di lui, senza la maglia rosa.
La pm della Dda trentina Patrizia Foiera sta lavorando sulla ricostruzione appoggiata dalle conclusioni dalla Commissione parlamentare antimafia e incentrate, a proposito della vicenda di Madonna di Campiglio, sulla testimonianza resa da Renato Vallanzasca anni addietro. La camorra, secondo Vallanzasca, ora reso silenzioso dalla demenza senile, avrebbe perso miliardi di lire nel mondo delle scommesse clandestine con il successo di Marco Pantani. Un fatto riportato da un pentito di camorra e divulgato proprio da Vallanzasca, già sentito nel carcere di Bollate dalla pm trentina, ma in condizioni di salute troppo precarie, appunto, per rispondere. «Se Pantani avesse vinto il Giro il banco sarebbe saltato. E la camorra, l’alleanza di Secondigliano, avrebbe dovuto pagare diversi miliardi in scommesse clandestine, rischiando la bancarotta»: questo il racconto del collaboratore di giustizia ai carabinieri, e riportato nei verbali della Commissione antimafia. Vallanzasca si fece vivo nel 2007 attraverso una lettera indirizzata a mamma Tonina, nella quale raccontò dell’incontro in carcere con il pregiudicato napoletano, cinque giorni prima di Madonna di Campiglio: «Se hai dei soldi» il consiglio dell’uomo «scommetti sulla sconfitta di Pantani, il Giro non lo vincerà lui». L’ipotesi era già emersa nel 2014, ma una precedente indagine fu archiviata. Ora si torna a sperare.