È il mese di giugno del 1983 quando, una ragazza di soli 15 anni, non torna più a casa. Si reca alla consueta lezione di musica, ma poi, senza averne colpa, viene condannata a non poter vedere più i suoi genitori e i suoi fratelli.
È questa la storia di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana scomparsa mentre rientrava a casa. Il suo è da ben 40 anni uno dei più celebri casi irrisolti della storia italiana (e di Città del Vaticano).
Diverse sono state negli anni le piste seguite: prima il terrorismo internazionale legato alla figura di Alì Agca, poi quella dei fondi del Vaticano o ancora i presunti abusi sessuali.
La più attendibile sembra – stando in particolare alla narrazione portata avanti dal giornalista Andrea Purgatori nella serie Netflix Vatican Girl – quella dei soldi. Contemporaneamente però, la pedofilia potrebbe essere una risposta al quesito «perché proprio Emanuela?», che la famiglia Orlandi non smette di porsi da anni.
Il 9 novembre, infatti, il Senato ha approvato la proposta di istituire una commissione bicamerale di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela e di Mirella Gregori, avvenute nel 1983 a distanza di un mese l’una dall’altra, in circostanze mai chiarite.
Il 2 marzo poi, i capigruppo hanno ufficialmente indicato i nominativi dei quaranta parlamentari che andranno a comporre la commissione. Pietro Orlandi, la commissione bicamerale di inchiesta è stata una conquista sudata per la famiglia Orlandi, così come per la vostra avvocata Laura Sgrò.
«Sicuramente la commissione è un grande passo avanti. Sono comunque contento che le istituzioni non abbiano ceduto alla pressione del Vaticano, che non voleva assolutamente che venisse approvata. C’è stato soltanto un astenuto ed un contrario, che tra l’altro alla fine ha votato sì.
Dunque, è stata approvata quasi all’unanimità. Se non si riuscisse anche questa volta a portare a casa un risultato, sarebbe davvero molto grave. Ricordiamoci che questa è la terza inchiesta. Sono convinto che arriveremo alla verità, non potrà essere occultata per sempre. Deve essere così».
«Casini ha sempre detto di non essere particolarmente favorevole alle commissioni parlamentari di inchiesta e, di conseguenza, anche a questa. Pure Gasparri, che tuttavia alla fine ha votato a favore, è stato uno dei senatori più critici all’iniziativa, non risparmiando parole pesanti. Ha più volte parlato di una “mitomania anti-Wojtyla” e si è detto molto critico anche verso le inchieste giornalistiche di Andrea Purgatori».
«Penso che il Vaticano non volesse la commissione. Lo ha anche detto il promotore di giustizia vaticano Diddi. Il Senato ha fatto una serie di audizioni per poter capire la necessità o meno di questa commissione e, nel corso della prima, Alessandro Diddi ha in effetti sottolineato che aprire una terza indagine sarebbe stata una “intromissione perniciosa rispetto all’ottimo lavoro che stiamo già facendo”. Questo episodio mi ha fatto molto riflettere.
Mia sorella era una cittadina vaticana e dunque il Vaticano avrebbe dovuto essere felice di una commissione da parte dello Stato italiano all’interno del suo Parlamento. Invece questo aiuto non è stato gradito, probabilmente perché cercano una verità comoda. Inoltre, le audizioni di una commissione parlamentare, a differenza della Procura, possono anche essere pubbliche. Quindi sicuramente c’è una grande paura dell’attenzione mediatica. Ci sono troppi depistaggi e coinvolgimenti da chiarire». Questa conquista è dovuta anche e sicuramente al giornalista Andrea Purgatori, morto il 19 luglio dello scorso anno. In una puntata della sua trasmissione “Atlantide”, Purgatori raccontò di essere stato contattato da una ex dipendente della sala stampa vaticana, che gli parlò di una chiamata dei presunti rapinatori.
«Purtroppo, no. Io ho fatto un appello sui social poiché spero possa contattarmi. Questa donna ha telefonato a Purgatori e ha raccontato di aver ricevuto una chiamata dai presunti rapitori nei giorni della scomparsa. Poi le è stato detto, dai piani superiori, di dimenticarsi di quella chiamata. Sarebbe interessante parlare con lei. Purgatori non mi ha detto il nome di questa persona, poi si è ammalato e non c’è stato più modo di parlarne».