“HO LASCIATO LA SCUOLA PER DIVENTARE UN ‘GAMER’. MI ALLENO 6 ORE AL GIORNO CON I VIDEOGAMES” – MARWANE LAHRACHE, 19ENNE MONZESE, HA VINTO IL CAMPIONATO MONDIALE DI “BRAWL STARS”, DOVE SI È PORTATO A CASA UN MONTEPREMI DA 100MILA EURO: “IN ITALIA GUADAGNO QUANTO UN QUALSIASI LAVORATORE STIPENDIATO. FIGURIAMO COME LIBERI PROFESSIONISTI, NON COME SPORTIVI” – “L’ABILITÀ NON E’ TUTTO: LA CARRIERA È CORTA, DOPO I 30 ANNI…”
La pistola è ancora fumante, ancorché solo virtuale. Per videogiocare a Brawl Stars, del resto, si spara, ciò che invece è tremendamente reale è il montepremi di 100 mila dollari messo in palio per la squadra in grado di conquistarne il campionato del mondo. Ad aggiudicarsi assegno e titolo nella finale di Tokyo sono stati i Reply Totem, nome anglosassone ma origini milanesissime, Non un gioco da ragazzi, tutt’al più per ragazzi: come Marwane Lahrache, anni 19, italiano di origini marocchine. Vive a Besana in Brianza, nel monzese. Professione? «Player».
È il sogno di molti ragazzi…
«Di sicuro è divertente, ma non più di qualsiasi altro lavoro fatto con passione. Servono serietà e impegno, non si tratta mica di giocare con gli amici».
Quanto guadagna?
«Il nostro stipendio […] è in linea con quanto percepisce un qualsiasi lavoratore salariato. Gli stipendi a Reply Totem oscillano tra gli 800 e i 3 mila euro a seconda del tipo di gioco. Diciamo che il compenso per un titolo come Brawl Stars si colloca nel mezzo. Poi, chiaro, ci sono i premi dei tornei: puoi metterti qualcosa da parte, ma non di più. In Italia girano cifre ancora basse, nessuno può permettersi di campare da sceicco».
E c’è qualcuno al mondo che invece può permetterselo?
«Il cartellino del campione svedese di League of Legends, Martin “Rekkels” Larsson, vale milioni di euro. Direi di sì».
Come mai questa disparità?
«In Italia il mercato degli E-Sports è in crescita ma siamo ancora indietro rispetto a Paesi come Germania, Francia, Spagna, Stati Uniti e Giappone. Noi ad esempio figuriamo contrattualmente come liberi professionisti, non come sportivi. Poi dipende anche dai giochi».
Ogni quanto si allena?
«In prossimità di un torneo anche sei ore al giorno, cinque volte a settimana. Nella nostra gaming house a Lorenteggio ci confrontiamo con allenatori e analisti, ripassiamo strategie e piani gara. Ripeto, è un mestiere».
Scusi, e a scuola come faceva?
«Non facevo. Era impossibile conciliare lavoro e studio. All’inizio ero iscritto al Turistico, ma non riuscivo a stare al passo con le lezioni. Allora ho provato con l’Alberghiero, più pratico. Ma non c’era verso, ho abbandonato in quarta. Però in futuro il diploma lo vorrei prendere».
Cosa differenzia un giocatore della domenica da uno del lunedì mattina?
«Per essere un professionista devi approcciarti al gioco con mentalità impiegatizia. E poi devi sapere controllare le emozioni. Partecipare a un grande torneo non è come giocare con gli amici dopo una serata con pizza e birra. La finale dei mondiali ha avuto più di 500 mila visualizzazioni complessive, devi gestire l’ansia. L’abilità tecnica non è tutto. È un po’ come nel calcio: fare il fenomeno all’oratorio sotto casa è relativamente facile, è farlo a San Siro che diventa complicato».
Pensa di fare questo lavoro per sempre?
«Mi piacerebbe ma è impossibile. La carriera di un giocatore di E-Sports è corta, come quella di qualunque sportivo. Dopo i 30 anni i riflessi calano. Senza contare che Brawl Stars potrebbe declinare».
Allora cosa ha in mente di fare?
«Finirò i due anni di Alberghiero che mi mancano e prenderò il diploma. Potrei buttarmi nel ramo della ristorazione, chissà».
Non potrebbe semplicemente cambiare gioco?
«No. Per arrivare ad alti livelli servono allenamenti specifici. Anni di lavoro. Non ci si può reinventare da un giorno all’altro. Però bisogna ricordare una cosa…».
Prego.
«Molti ignorano che gli E-Sports offrono opportunità lavorative che travalicano la dimensione del giocatore professionista. I Reply Totem organizzano percorsi di alternanza scuola – lavoro nei licei e corsi di formazione in molti Its. In questo settore lavorano esperti di comunicazione, di marketing, di management. Le squadre sono aziende. Non esistono solo i giocatori».