Da dove fosse nata quell’ossessione per il trading e per i bitcoin ancora nessuno lo sa spiegare. Certo è che leggendo le chat del telefonino finite agli atti dell’inchiesta sulla misteriosa morte di Alessandro Argentini, 59 anni, informatico in Naspi, originario di Chivasso nel Torinese, più di un dubbio assale gli investigatori.
Suicidio, questo è chiaro. Ma perché? Secondo la sorella Antonella, è tutta colpa di una maxi-truffa subita dalla vittima da sedicenti broker di stanza in Gran Bretagna. Che per mesi, da settembre fino a due settimane fa, lo hanno incalzato, perseguitato, ingannato portandogli via circa 150 mila euro.
Gli indizi che possono dare ragione ad Antonella sono tanti: ma se Angelo abbia ingerito tutti quei farmaci trovati sul comodino accanto al suo corpo il 24 gennaio, per la disperazione dovuta al maxi-raggiro è – al momento – una pista investigativa su cui si sta lavorando. Antonella ne è certa: «È colpa loro» È stata lei a trovare le chat WhatsApp sullo smartphone del fratello: un’infilata di centinaia di messaggi in cui i finti broker chiedono bonifici a ripetizione per «sbloccare i trade».
Lui versa soldi: 1400, 2200, 3600 fino a 6700 euro. E via con le quotazioni delle criptovalute, i dettagli sui possibili investimenti, le finte mail della Banca d’Italia e di una fantomatica Commissione Europea. Alessandro ci casca con tutte le scarpe. È in un momento delicato: mesi prima è morta la mamma con cui viveva. Era molto affezionato.
Cercava di rialzarsi e si è tuffato in questo darkweb della finanza. È la vigilia di Natale quando la vittima, all’ennesima richiesta di un bonifico da 1200 euro per «poter chiudere un investimento a titolo di commissioni», si sfoga con il truffatore: «Comincio ad aver bisogno di quei soldi. Sai l’assicurazione, l’auto e poi devo mangiare». L’interlocutore insiste: «Fai un bonifico da 3200 per chiudere trade».
Argentini: «Non hai capito, sono al lumicino. Ho bisogno dei miei soldi!». «Fine settimana arriva bonifico». Ma le richieste di integrare somme su somme non si fermano. Lui versa, gli altri prendono tempo: «Il valore oggi è sceso, il cambio conviene farlo dopodomani». Alessandro comincia a chiedere denaro in prestito ad amici e parenti: qualcuno lo dice alla sorella.
I 150 mila euro ottenuti dall’azienda informatica di Aosta per cui lavorava a titolo di liquidazione per la cessazione del rapporto e di Tfr sono finiti. Chiama la Banca d’Italia e scrive allarmato ai broker: «Mi hanno detto che non fanno questo servizio che dite voi». Forse ha capito. Poi il telefono silenziato per ore, le chiamate non risposte. E i farmaci inghiottiti tutti d’un fiato.
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