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«Non praticabile». L’industria di beni di largo consumo dice no al ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e al suo protocollo anti-inflazione per contenere — da ottobre a dicembre 2023 — i prezzi dei prodotti del carrello della spesa. Lo stop all’intesa era nell’aria da giorni, quando dopo l’incontro al ministero di lunedì scorso le posizioni dei produttori — da Federalimentare a Centromarca — erano state molto fredde. Ma il no ufficiale è arrivato ieri con due note. Una la firmano Centromarca e Associazione Ibc (Industrie Beni di Consumo) che insieme rappresentano le più grandi aziende italiane del settore. L’altra è dell’industria alimentare: Assica, Assitol, Assocarni, Assolatte, Italmopa e Unione italiana food. Il senso per tutti è: apprezziamo l’iniziativa del governo, ma riteniamo «non praticabile la sottoscrizione del protocollo». Spiegano Centromarca e Ibc: «Il quadro complessivo non consente previsioni realistiche sulla dinamica dei conti economici; un’azione di controllo dei prezzi rischia di pregiudicare la tenuta del tessuto produttivo».

In più, «i bilanci industriali registrano riduzioni dei margini» e le aziende già hanno contenuto il più possibile i prezzi tanto che «per le famiglie l’impatto del carrello della spesa stimato da Nielsen è stato di 35 euro». Le associazioni richiamano poi un potenziale intervento dell’Antitrust nel caso di un’intesa per controllare i prezzi. Ma lasciano una porta aperta, ribadendo «la volontà di dialogo con il governo». E intanto chiedono tagli dell’Iva e del cuneo fiscale. Le 6 associazioni firmatarie della seconda nota si dicono «disponibili a collaborare con tutte le parti interessate» chiedono però «un coinvolgimento di tutti gli operatori della filiera alimentare nel senso più ampio», coloro che contribuiscono a formare i costi di produzione e quindi il prezzo finale: «Un impegno sul valore del prodotto finito che non consideri l’incidenza di questi costi sarebbe totalmente sbilanciato sugli attori della filiera a valle». Quindi, o tutti o nessuno. Ma il presidente di Federdistribuzione Carlo Alberto Buttarelli attacca: «Sono mesi che chiediamo all’industria di mostrare senso di responsabilità verso le famiglie, abbassando, dove possibile, i propri listini di vendita», ma «l’industria di trasformazione, sollevando argomentazioni pretestuose e strumentali, si dichiara indisponibile: la distribuzione moderna conferma invece la volontà di continuare la collaborazione con il governo».
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