BENEDETTO XVI È UN ESEMPIO LUMINOSO

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CARTOMANZIA GRATIS NEWSAd un anno dalla morte di Benedetto XVI, si celebra una messa nella basilica di San Pietro. Celebra lo storico segretario di Ratzinger, mons. Georg Gaenswein; tra i concelebranti, che sono una sessantina, i cardinali Gerhard Mueller e Kurt Koch. Diverse centinaia i fedeli presenti. Benedetto XVI è “esempio luminoso”: lo ha detto monsignor Georg Gaenswein nell’omelia della messa a San Pietro ad un anno dalla morte di Joseph Ratzinger. “Restiamo uniti anche con Benedetto XVI, sinceramente grati a Dio per il dono della sua vita, la ricchezza del suo magistero, la profondità della sua teologia e l’esempio luminoso di questo ‘semplice ed umile lavoratore nella vigna del Signore'”, ha detto Gaenswein citando le parole che lo stesso Benedetto pronunciò al momento della sua elezione a Pontefice. Gaeswein ha pronunciato l’omelia fermandosi un paio di volte per la commozione. È per me una lieta sorpresa, per la quale posso solo ringraziare di cuore, il fatto che il Patriarcato di Mosca, unitamente all’Accademia «Sapientia et Scientia», pubblichi in russo il mio libro Gesù di Nazaret — apparso in tre volumi, ora raccolti nel VI tomo della mia Opera omnia — per renderlo in questo modo accessibile ai lettori russi e in particolar modo ai sacerdoti. In questo libro ho voluto diradare la coltre di nebbia che molte interpretazioni di Gesù hanno steso attorno alla sua figura. Il Vangelo di Giovanni ci indica l’autentico centro della sua figura: «Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» ( Gv 1,17s). «Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia» ( Gv 1,16). Questo messaggio, in molti, oggi (e non solo oggi), suscita naturalmente critica o rifiuto. Volentieri di Gesù si fa propria una cosa o l’altra, ma riconoscere in lui la pretesa dello stesso Dio vivente, per molte persone, è insopportabile. È ancora una volta il Vangelo di Giovanni a descriverci esattamente questa situazione. Nel capitolo VI, c’imbattiamo nella concreta interpretazione di questa promessa per la nostra vita e nella tentazione dell’abbandono di Gesù. In una sorta di cristologia eucaristica, Giovanni ci dice come il Signore ci venga concretamente incontro nel Pane eucaristico e debba in qualche modo essere mangiato da noi — in modo, peraltro, da trasformare lo stesso processo del mangiare. Normalmente, le cose che l’uomo mangia vengono trasformate nel processo della digestione, e viene espulso quello che il nostro corpo non può utilizzare. Nell’Eucaristia avviene il contrario: quello che mangiamo è più di noi stessi. Il pane di Dio, la manna, che il Signore ci dà, è lui stesso. Egli trasforma noi in lui stesso e ci purifica da quello che non è compatibile con lui. Così il capitolo VI del Vangelo di Giovanni delinea un’ecclesiologia eucaristica, che è al contempo soteriologia. Nel capitolo VI della Prima lettera ai Corinzi, Paolo accenna alla medesima cosa. Così come l’uomo e la donna, unendosi, diventano una carne sola, allo stesso modo l’unione con Cristo ci rende un unico spirito, vale a dire un’unica esistenza pneumatica. Qui viene ripresa l’immagine della Chiesa come corpo fatto di molte membra sviluppata nel capitolo XII della Prima lettera ai Corinzi e viene orientata alla prospettiva giovannea. La Chiesa non rappresenta solo nel complesso l’organismo di Cristo nel mondo. Anche ogni singolo è un’esistenza pneumatica con il Signore e ognuno è chiamato nella sua vita a rappresentare interamente il Signore.BMa ritorniamo al capitolo VI del Vangelo di Giovanni. Il fatto che Gesù voglia dare a tutti da mangiare il pane disceso dal Cielo, la manna, promettendo in questo modo l’immortalità, viene accolto favorevolmente, certo. Ma che egli identifichi con sé stesso il pane disceso dal Cielo e parli della sua carne, questo incontra un rifiuto. In effetti costituisce un salto enorme parlare del pane del suo corpo, della carne del Figlio dell’uomo che concede l’immortalità. Egli stesso, effettivamente, nella sua risposta ai discepoli, dirà: «La carne non giova a nulla» ( Gv 6,63). Non è necessario, ora, affrontare nello specifico le complicate questioni terminologiche che qui si pongono. La cosa essenziale è che, da un lato, il mistero del farsi uomo è descritto con l’espressione del farsi carne della parola. Il punto qui è che il Logos, il Figlio eterno, nel farsi uomo lega sé stesso concretamente alla carne, alla realtà storica, e che, in tal modo, l’atto di fede che ci lega al Figlio dell’uomo significa proprio anche il «mangiare» la carne di Gesù. Dall’altro lato, resta vero che la carne come tale, vale a dire un’interpretazione puramente intramondana della Scrittura e della Parola di Dio, non conduce alla salvezza ma si frappone ad essa. La reazione della gente a questa pretesa di Gesù viene così descritta da Giovanni: «Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui» ( Gv 6,66). Gesù a questo punto non mendica una qualche approvazione delle sue parole e men che mai pensa di ridurre la sua pretesa. Dopo l’abbandono dei discepoli si rivolge ai Dodici e chiede loro: «Forse anche voi volete andarvene?». E Simon Pietro gli rispose: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» ( Gv 6,67ss). Sono decisivi due elementi. In primo luogo, che Gesù ha parole di vita eterna. Chiarita in questo modo l’essenza della sua dottrina, ne consegue la definizione della natura del suo essere: è il Santo di Dio. La giusta risposta a Gesù è sempre una duplice risposta: riconoscimento del suo essere e riconoscimento di quello che egli dice e fa. Questo vale oggi come allora. La tentazione, oggi, è la medesima di allora. Si è pronti a scegliersi dalle parole di Gesù qualcosa che ci piace. Ma non si è disposti ad accettare lui stesso e, a partire da lui, la totalità della sua testimonianza. Ma così si smette di andare con lui e ci si separa così dalla grazia della vita eterna. Con il mio libro Gesù di Nazaret desidero aprire il cuore per decidere di seguirlo totalmente. Insieme alla conoscenza di Gesù, esso intende al contempo suscitare l’amore per lui, per trovare così, aldilà di tutto ciò che è intramondano, la via che conduce alla vita. Copyright Libreria Editrice Vaticana, traduzione di Pietro Luca Azzaro.CONTINUA A LEGGERE SU CARTOMANZIA GRATIS

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