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Angelina Mango si racconta

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Angelina Mango si racconta a Vanity Fair, in edicola il 17 luglio, dopo il suo anno d’oro: la vittoria a […]

Angelina Mango si racconta a Vanity Fair, in edicola il 17 luglio, dopo il suo anno d’oro: la vittoria a Sanremo, l’Eurovision Song Contest, il New York Times che la elegge stella nascente della scena internazionale e il disco d’esordio poké melodrama che debutta in vetta alla classifica Fimi Album (prima di lei, nel 2024 in Italia, è successo solo a un’altra donna: Taylor Swift). Racconta le paure a cui sta lavorando, i successi di quest’anno, la scomparsa del padre, l’amore, l’ansia, il rapporto con il suo corpo, e la sua generazione.

“Avevo una convinzione: la mia storia era già nota, il mio cognome mi precedeva. Non ero da scoprire. Negli occhi di chi mi conosceva per la prima volta leggevo il mio passato. E allora perché parlarne, non ne vedevo l’utilità. Poi, ho capito che avevo qualcosa di inedito: la mia prospettiva. È una conquista recente, dell’ultimo anno”. Classe 2001, famiglia di musicisti: il papà era Pino Mango, la mamma è Laura Valente, voce storica dei Matia Bazar, il fratello Filippo è batterista. “Non mi stupisce quando mi dicono che sono qui solo per il mio cognome. Ma chi mi ascolta non ha questo tipo di pregiudizio nei miei confronti.

Nessuno è costretto ad ascoltare nessuno. Non c’è niente di più sincero del rapporto tra il pubblico e l’artista. In casa era naturale parlare di musica, occuparsi di musica, vivere di musica. Io la respiravo. Sapevo che sarebbe stato il mio futuro e sognavo altro: la danza, la carriera da ricercatrice”. La prima reazione quando le è stato prospettato il festival di Sanremo è stata: “Non ce la farò mai”. Nella serata delle cover scelse di portare La Rondine, un successo di suo padre: a lui piacerebbe la sua musica? “Non voglio chiedermelo, sarebbe un lampo fine a sé stesso e forse nocivo. La mia musica è distante dalla sua, dai suoi gusti, è indubbio. Tengo lontano anche l’affanno di essere all’altezza di ciò che mi ha trasmesso. Semplicemente tento di onorare il talento e coltivare la naturalezza che avverto sul palco”.

E racconta di come la sua generazione sia anche libera da pregiudizi. “È libera, aperta, elastica. Affronta ogni argomento senza vergogna: i traumi, i disagi, l’amore, i sentimenti… E poi, scende in piazza, preferisce uscire invece che frequentarsi online, va ai concerti piuttosto che chiudersi in un mondo virtuale”. Con il suo aspetto fisico ha un rapporto complesso. “Questo mestiere mi porta ad avere un contatto continuo con la mia immagine. Non sono una campionessa di autostima, per cui è difficile. Non sono una giovane donna risolta, non so se mai lo sarò, però ci sto lavorando con il supporto di più persone possibili”.

Le capita di chiedersi se a suo padre piacerebbe poké melodrama?
«Non voglio chiedermelo, sarebbe un lampo fine a sé stesso e forse nocivo. La mia musica è distante dalla sua, dai suoi gusti, è indubbio. Tengo lontano anche l’affanno di essere all’altezza di ciò che mi ha trasmesso. Semplicemente tento di onorare il talento e coltivare la naturalezza che avverto sul palco. In quello spazio mi sento capita come quando parlo con i miei amici e al contempo avverto la stessa energia e tensione del primo bacio».

Una lei l’ha mai baciata?
«Sì. È il bello della mia generazione: è libera, aperta, elastica. Affronta ogni argomento senza vergogna: i traumi, i disagi, l’amore, i sentimenti… E poi, scende in piazza, preferisce uscire invece che frequentarsi online, va ai concerti piuttosto che chiudersi in un mondo virtuale».

«Questi giovani sono bravi: io so fare quello che fanno loro, ma loro non sanno fare quello che faccio io. Prendi Annalisa: è una bravissima cantante, ma è stata costretta dal mercato a diventare altro da sé stessa. Così Angelina Mango». Sono parole recenti di Antonello Venditti.
«Ognuno ha un’opinione. Ieri il tatuatore che ha realizzato questo (mostra sulla caviglia destra un corpo stilizzato che ricorda un manichino, ndr) ha detto che le mie canzoni non gli piacciono. È chiaro che lui non finisce sui giornali, Venditti sì. Però apprezzo sempre la sincerità. E poi giustifico Antonello con il fatto che apparteniamo a generazioni diverse, anche se ogni volta che ho il cuore spezzato ascolto la sua Alta marea».

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