ACHTUNG I NAZISTELLI DELL’AFD SI SONO PRESI LA VECCHIA GERMANIA DELL’EST

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Si respira aria di scampato pericolo all’indomani delle europee nella Konrad Adenauer-Haus di Berlino, la sede centrale della Cdu. Il […]

Si respira aria di scampato pericolo all’indomani delle europee nella Konrad Adenauer-Haus di Berlino, la sede centrale della Cdu. Il fischio della pallottola dell’ultra-destra è passata vicino, atterrando i rivali Spd e Verdi, e lasciando indenne il partito cristiano-democratico, che ieri ha consolidato i risultati del 2019.

L’ex ministro della Salute Jens Spahn commenta la débacle dei socialdemocratici con il sorriso di chi si prepara a giocare al gatto con il topo. «È un risultato irreparabile per l’Spd», sentenzia. Negli stessi minuti – da Monaco – affonda il coltello il leader della Csu, il governatore della Baviera Markus Söder.

«Olaf Scholz è un re senza terra», le conseguenze di questi risultati devono essere «nuove elezioni, il voto di fiducia e il passo indietro, così come ha fatto Macron o come fece a suo tempo Gerhard Schröder nel 2005». Ma l’ordine di scuderia che arriva dalla cancelleria è tutt’altro.

«La data prevista delle elezioni è il prossimo autunno (ndr 2025) e intendiamo attenerci a questo», ha replicato il portavoce Steffen Hebestreit. Nel pomeriggio lo stesso Scholz interviene per ammettere la sconfitta e dire che «non è consigliabile tornare semplicemente a lavorare come al solito», ma di fatto bisogna «impegnarsi a risolvere le sfide che abbiamo di fronte».

«È la coalizione di governo che ha perso voti e quei voti sono finiti all’Afd. Noi abbiamo tenuto», spiega. Che i giovani abbiano votato Afd non lo colpisce. «I ragazzi che hanno votato per la prima volta sono “incontaminati”, ma hanno visto che la politica di governo fa cose insensate: legalizza la cannabis ma non si occupa delle aziende che chiudono, litiga e non gestisce l’immigrazione. Lo sa che ci sono scuole dove oltre il 50% sono stranieri?».

La risposta di Haselhoff ci riporta a una canzone rap che sta spopolando su TikTok in lingua tedesca, una specie di inno all’ultra-destra: «Afd, io voto Afd», dove un giovane in passamontagna canta le sue ragioni. «Non può essere che non vedo più tedeschi. Mi sono stufato, l’integrazione è troppo. Sono l’unico tedesco seduto al banco al ginnasio», dice il testo.

La migrazione è il principale tema che ha orientato gli elettori dell’ultra-destra, dicono i sondaggi, mentre la sicurezza internazionale e la guerra in Ucraina è il tema che ha portato al voto l’elettorato il movimento di Sarah Wagenknecht. Secondo le rilevazioni Infratest Dimap la fascia tra i 16 e i 24 anni ha votato per il 16% Afd, per il 17% la Cdu-Csu, per l’11% i Verdi e per il 28% partiti minori. Tra i più giovani l’ultra-destra ha registrato l’incremento maggiore con un +11%, mentre i Verdi hanno perso il 23% rispetto a cinque anni fa.

Nel 2019, Fridays for Future era al massimo della sua spinta propulsiva e i Verdi il principale referente politico di opposizione, mentre ora sono al governo e di scelte impopolari – come il ripristino delle miniere di lignite a Lützerath – ne hanno fatte parecchie.

Cosa sfidare se non ciò che è massimamente proibito? L’aura di condanna sociale che aleggia su Afd è stato un propellente per molti. Soprattutto tra i giovani maschi, come annunciavano i sondaggi pre-elettorali. E pensare che è stato proprio l’Spd a spingere per portare i sedicenni al voto.

In filigrana, la foto della Germania che emerge dopo le elezioni è quella di un Paese ancora diviso in due, dove l’Est presenta una fisionomia propria. Nei cinque Länder orientali infatti non solo l’Afd è al 29,2% – contro il 15,9% al livello federale – ma il movimento populista di sinistra BSW di Sarah Wagenknecht – che nel resto del Paese ha il 6,2% – è il terzo partito, con il 13,8% dei consensi, prima di socialdemocratici e verdi.

In comune i due partiti hanno una certa benevolenza nei confronti della Russia, come ha spiegato di recente il più grande storico tedesco vivente Heinrich August Winkler in un’intervista a Süddeutsche Zeitung. «Oltre ai ricordi sentimentali dei “russi amici”, c’è anche una diffusa paura della Russia potente», dice Winkler. E «Nella DDR, sotto la maschera dell’antifascismo ufficiale come dottrina di partito e di Stato, hanno potuto sopravvivere alcuni modi di pensare della “vecchia Germania» dove «c’è un forte sostegno ai modelli di pensiero nazionalisti, illiberali e anti-occidentali».

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