PIETRO ORLANDI: “UN GIOCO SPORCO…”

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PIETRO ORLANDI REPLICA ALLE ACCUSE. “SONO IMPAZZITI”. IL FRATELLO DI EMANUELE ORLANDI NON ACCETTA LA RICOSTRUZIONE SUGLI INCONTRI CHE LUI E IL SUO LEGALE LAURA SGRÒ HANNO AVUTO CON IL PROMOTORE DI GIUSTIZIA ALESSANDRO DIDDI. “È UN GIOCO SPORCO” DICE E CONFERMA DI AVER CONSEGNATO UNA LISTA CON 28 NOMI. IL LEGALE DAL CANTO SUO CHIARISCE: “PIETRO NON HA ACCUSATO PAPA GIOVANNI PAOLO II”…

“Ma sono impazziti, ma cos’è questo gioco sporco? Ma chi si rifiuta di fare i nomi? Ma se gli abbiamo dato una lunga lista di nomi, ma perché? Altro che strumentalizzare le parole, qui in questo titolo c’è il peggio del peggio”. Così Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la cittadina del Vaticano scomparsa il 22 giugno 1983 a 15 anni, commentando un articolo pubblicato su Vatican News dal titolo “Accuse a Wojtyla, Pietro Orlandi e l’avvocato Sgrò si rifiutano di fare nomi”.

“Ma come – scrive Pietro Orlandi in un lungo post su Facebook – sono andato in primis a verbalizzare proprio per fare i nomi, tra gli altri, riguardo i famosi messaggi whatsapp affinché fossero convocati e interrogati e ora hanno il coraggio di dire che non ho fatto nomi? Mi auguro solo sia un’incapacità nel riportare le notizie da parte del giornalista e non una dichiarazione del Promotore”.

Il Promotore escluse l’avvocato Sgrò

“Oltretutto vorrei aggiungere che quando mi sono presentato l’11 aprile dal Promotore per essere ascoltato e verbalizzare ero insieme all’avv. Sgrò, lo stesso Promotore disse all’avv. Sgrò che avrebbe preferito che lei fosse rimasta fuori dalla stanza perché avevano intenzione di ascoltare me non alla presenza dell’avvocato – aggiunge Pietro Orlandi – che educatamente si congedò. Ma visto che nelle dichiarazioni fatte dalla Sgrò e riproposte in quest’articolo, cioè che aspettava da tempo una chiamata dal promotore Diddi per poter consegnare le famose chat whatsapp e poter fornire i nomi, ha preventivamente preparato insieme al sottoscritto una memoria con copie delle chat, i nomi e tutte le dichiarazioni che mi sarei apprestato a dire a voce. La Sgrò prima di uscire dalla stanza ha consegnato in doppia copia il memoriale, che è stato protocollato e letto a voce alta dallo stesso Diddi. Una copia al promotore e una all’avvocato”.

“Quindi l’avvocato Sgrò a differenza di quanto si dichiara in questo articolo ha consegnato quello che nelle sue dichiarazioni avrebbe voluto consegnare – conclude – Quindi prima di scrivere articoli come questo, non sarebbe male riflettere per evitare di fare figuracce”.

“Non stiamo ostacolando nulla, abbiamo dato una lista con 28 persone da interrogare. Chi sta ostacolando la giustizia? Io mi sento aggredita e oggi non avrei dovuto dire nulla: Pietro Orlandi è stato ascoltato e ha fornito tutti gli elementi che erano in nostro possesso”. Cosi’ all’AGI l’avvocato Laura Sgrò, legale della famiglia Orlandi, in relazione alle parole del Promotore di Giustizia Vaticana Alessandro Diddi. “Sono basita dalle parole di Diddi: non ho mai visto nulla del genere. Chiediamo indagini da 40 anni e adesso le stiamo ostacolando noi?”, aggiunge la penalista.

“Doveva essere ascoltato solo Pietro Orlandi”

“Ho appreso oggi, da dichiarazioni che sarebbero state fatte circolare dalla Sala Stampa Vaticana e da articoli pubblicati da Vatican News anche a mezzo social network, quanto segue: ‘Accuse a Wojtyla, Pietro Orlandi e l’avvocato Sgrò si rifiutano di fare i nomi’. Tale affermazione non corrisponde al vero. Intendo a riguardo che sia fatta piena luce. Il mio assistito, Pietro Orlandi, è stato ascoltato per ben otto ore I’11 aprile dal Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, al quale ha presentato una corposa memoria corredata da un elenco di 28 persone, chiedendo motivatamente che siano presto ascoltate”, ricostruisce la Sgrò in una nota.

“Pietro Orlandi, inoltre, si è reso pienamente disponibile a fornire ogni altro chiarimento a richiesta dello stesso Promotore di Giustizia. Per quanto mi riguarda, questa mattina sono stata convocata dal Promotore di Giustizia, dal quale mi sono prontamente recata. Il Promotore mi ha mostrato una mia istanza dell’11 gennaio nella quale Pietro Orlandi e io, in qualità di avvocato della famiglia Orlandi, chiedevamo un incontro per presentare le prove in nostro possesso. Ho chiarito, come era già chiaro, al Promotore che evidentemente la persona che doveva essere ascoltata era il solo Pietro Orlandi e che questo era già avvenuto qualche giorno fa”, aggiunge.

“Per quanto riguarda, invece, una mia personale audizione come persona informata sui fatti, essa è evidentemente incompatibile con la mia posizione di difensore della famiglia Orlandi e dell’attività in favore della ricerca di Emanuela che sto svolgendo – spiega -. Questo è quello che ho pacificamente rappresentato, come avevo già fatto telefonicamente e via mail, al Promotore di Giustizia e a tutti i presenti”.

“Appena uscita dal Vaticano le agenzie di stampa hanno cominciato a chiamarmi perché, ad avviso di vaticannews, io mi sarei rifiutata di fare al Promotore di Giustizia i nomi in relazione alle presunte accuse a Wojtyla. Debbo contestare – e con fermezza – quanto detto e scritto. Così come avevo già proceduto tante volte, la mia richiesta dell’11 gennaio era riferita all’audizione del solo Pietro Orlandi. Dopo questa istanza, Orlandi è stato finalmente sentito – per la prima volta! – solo lo scorso 11 aprile e naturalmente resta disponibile, così come da quarant’anni, a conferire con il Promotore tutte le volte che questi vorrà. Per quanto, poi, riguarda la mia posizione, violare il segreto professionale – dovreste ben saperlo – vuol dire non consentire a un difensore di mantenere la propria posizione differenziata, vuol dire alterare i propri rapporti, la propria credibilità, la propria libertà di azione, intralciando il diritto alle proprie autonome indagini”, ricostruisce Sgrò.
“Pietro non ha mai accusato Papa Wojtyla”

“La violazione del segreto professionale impedisce a un avvocato di svolgere liberamente il proprio lavoro – dice -. Il segreto professionale è, quindi, baluardo della verità stessa e attaccarlo significa volere impedire a un avvocato di potere apportare il proprio contributo alla verità”. “Quanto leggo è una pressione su di me a violare la deontologia professionale cui sono tenuta e a cui non intendo, in alcun modo, derogare. Attaccare il segreto professionale è attaccare la libertà e la ricerca indipendente della verità. Tale attacco è ciò che avete fatto oggi – aggiunge -. Sia, infine, bene inteso, perché evidentemente di questo si tratta, che Pietro Orlandi non ha mai accusato di nulla Sua Santità di Giovanni Paolo II e nessuna persona che io rappresento lo ha mai fatto. Ha chiesto approfondimenti su fatti a lui riferiti”. “Tutti i miei assistiti, invece, chiedono, da quaranta lunghi anni, giustizia e verità per la loro amata Emanuela. Il mio invito, pertanto, è quello di ricondurci tutti alle parole di Sua Santità Papa Francesco, a quella leale collaborazione cui mi invito’, oramai quasi un anno e mezzo fa, Sua Santità stessa”, conclude.

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