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Ecco come Israele ha ucciso il fantasma Fuad Shukr

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Un’operazione in pieno stile Fauda, la serie tv israeliana sull’Intelligence di Tel Aviv che combatte con ogni mezzo Hamas e […]

Un’operazione in pieno stile Fauda, la serie tv israeliana sull’Intelligence di Tel Aviv che combatte con ogni mezzo Hamas e Hezbollah. Stavolta, però, al centro della scena non c’è un manipolo di agenti infiltrati travestiti da commercianti o coppie palestinesi, ma i tecnici informatici e elettronici dei servizi segreti in Israele che riescono a infrangere i codici segreti e la rete di comunicazioni interna di Hezbollah, il movimento filo-iraniano libanese di Hassan Nasrallah, ottenendo con una “semplice” telefonata che l’obiettivo, il n. 2 e comandante militare Fuad Shukr, si sposti dal secondo al settimo piano dell’edificio in cui ha casa e ufficio nel sobborgo Dahiyeh di Beirut, la capitale libanese.

Una telefonata in cui non è escluso che sia stata impiegata anche l’intelligenza artificiale, per contraffare la voce di qualche interlocutore di Sukr. La rivelazione, un’esclusiva del Wall Street Journal, viene da un esponente di Hamas e accende i riflettori sulla guerra dei servizi che ha visto Israele soccombere miseramente il 7 ottobre, non avendolo previsto né impedito, ma che da allora ha portato a una serie di colpi magistrali messi a segno a Beirut come a Damasco, a Teheran e a Gaza.

Droni, esplosivi, raid aerei mirati sui leader di Hezbollah, Hamas e pasdaran iraniani. Shukr, per sfuggire non solo alla vendetta israeliana ma a quella americana per il coinvolgimento nell’attentato dell’ottobre 1983 alla caserma di militari americani a Beirut in cui un camion imbottito di tritolo provocò 241 morti, era diventato invisibile.

«Come Israele ha ucciso il fantasma», titola il Wall Street Journal, dopo che per oltre quarant’anni l’aveva fatta franca e aveva eluso i tentativi di Cia e Mossad di eliminarlo. Quasi nessuno conosceva non solo il suo ruolo effettivo, ma addirittura il suo volto e il suo nome.

Eppure, anche Nasrallah nella commemorazione di Fuad Sukr ha citato l’amicizia che li univa e il fatto che era in contatto con lui poche ore prima che fosse ucciso. Mai lo si vedeva in pubblico. Solo all’inizio di quest’anno era apparso brevemente, un paio di minuti, ai funerali di un nipote ucciso in combattimento, e subito era sparito e tornato nell’ombra.

Attorno alle 7 di pomeriggio, Sukr ricevette una telefonata che gli “ordinava” di salire al settimo piano, dove sarebbe stato più facile colpirlo perché meno protetto dagli edifici intorno. Gli israeliani hanno polverizzato il settimo piano e i tre sottostanti, uccidendo sia lui, sia la moglie, altre due donne, due figli, e ferendo altre 70 persone. La telefonata aveva infranto il muro delle comunicazioni interne, secondo la fonte del WSJ.

Una violazione dei sistemi di sicurezza che si è verificata anche nel caso dell’uccisione mirata del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, a Teheran. Un fallimento dell’intelligence iraniana e libanese che ora sono sotto indagine interna, e che sarebbe il frutto della superiorità tecnologica e di hacking di Israele sul controspionaggio nemico. E la dimostrazione che la sfida delle uccisioni ad personam prosegue sottotraccia e non risparmia nessuno.

Shukr già nel 1982 aveva organizzato le milizie guerrigliere sciite a Beirut nel conflitto con Israele, ma aveva poi fallito la protezione di un gruppo di diplomatici iraniani in viaggio dal confine siriano a Beirut. In seguito, col nome di battaglia Hajj Mohsin, aveva stretto legami con l’Iran e dell’attentato dell’83 fu tra gli ideatori, prima ancora che ufficialmente nascesse Hezbollah (1985).

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