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Ecco come si prevedono i terremoti…

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Due lavori scientifici riconducibili a docenti dell’Università di Parma e pubblicati recentemente sul Journal of Geophysical Research: Solid Earth e […]

Due lavori scientifici riconducibili a docenti dell’Università di Parma e pubblicati recentemente sul Journal of Geophysical Research: Solid Earth e su Scientific Reports. Le pubblicazioni sono incentrate su due dei terremoti più significativi di inizio millennio: quello dell’Aquila del 2009 (magnitudo 6,3) e quello del Sichuan (provincia meridionale cinese) del 2008 (magnitudo 7,9).

Primo autore di entrambi i lavori è Giampiero Iaffaldano, professore di Geofisica della Terra solida dell’Unità di Scienze della Terra al Dipartimento di Scienze chimiche, della Vita e della Sostenibilità ambientale dell’Università di Parma. […]

La novità che collega i due lavori consiste nel dimostrare che esistono segnali associati ai sismi rilevabili dai Gps (lo stesso sistema che viene utilizzato su mappe e navigatori degli smartphone) molto prima e molto lontano dalla manifestazione delle scosse telluriche. Questi segnali potrebbero essere potenzialmente sfruttati per mitigare il rischio.

È consolidato nella comunità scientifica che i moti tra placche alimentino la genesi dei terremoti. Gli scienziati hanno però sempre assunto che non fosse vero il contrario, ossia che i terremoti e la loro lenta fase preparatoria di accumulo di energia (che, insieme, prendono il nome di ciclo sismico) non avessero effetto sui moti delle placche.

Studi molto recenti, inclusi i due appena pubblicati, dimostrano che invece i terremoti hanno un effetto tangibile e misurabile sui moti delle intere placche. Questi effetti sono evidenti da misure Gps, appunto, anche diversi anni prima che il sisma si mostri. L’articolo sul terremoto dell’Aquila dimostra che c’è un rallentamento del 20 per cento del moto della Placca Adria nei sei anni che precedono il sisma del 2009.

“Solitamente si cercano segnali precursori nei mesi o nei giorni precedenti i grandi terremoti, e nelle immediate vicinanze di faglie notoriamente attive. Questi studi dimostrano che il ciclo sismico, ovvero il lento accumulo di energia seguito dalle scosse, è in grado di modificare il moto di intere placche tettoniche.

Il ciclo viene misurato negli anni attraverso reti di stazioni Gps dislocate a centinaia o addirittura migliaia di chilometri di distanza da quello che sarà in seguito l’epicentro. Questo implica che ci sono segnali potenzialmente precursori avvistabili anni prima e a grandi distanze dai grandi terremoti. La prospettiva di sfruttare questi segnali nelle valutazioni di rischio sismico è qualcosa di assolutamente nuovo”.

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