«Nel gennaio 2024 il Senato ha approvato la legge per l’attuazione dei livelli differenziati di autonomia delle regioni a statuto ordinario, che potranno richiedere fino a 23 competenze aggiuntive e trattenere le risorse corrispondenti.
Il disegno di legge include alcune tutele per le finanze pubbliche, come le valutazioni periodiche delle capacità fiscali regionali e i requisiti per i contributi regionali per raggiungere gli obiettivi fiscali nazionali.
Tuttavia sebbene assegni specifiche prerogative al governo nel processo negoziale, non fornisce alcun quadro comune per valutare le richieste regionali di competenze aggiuntive». Così la Commissione europea nel “Report annuale sulle economie nazionali”, all’interno del quale – come riporta Repubblica – dedica un intero paragrafo alla legge sull’Autonomia differenziata che ieri ha avuto il via libera della Camera.
«La devoluzione di ulteriori competenze alle regioni italiane comporta rischi per la coesione e le finanze pubbliche del Paese», è l’allarme lanciato dalla Commissione nel documento che contiene le raccomandazioni sulle «politiche economiche, sociali, occupazionali, strutturali e di bilancio dell’Italia». «Le regioni potranno richiedere competenze aggiuntive — si legge nel report — solo una volta definiti i corrispondenti “livelli essenziali di servizi”.
Poiché i Lep garantiscono solo livelli minimi di servizi e non riguardano tutti i settori vi sono ancora rischi di aumento disuguaglianze regionali». «La devoluzione di poteri aggiuntivi alle regioni su base differenziata aumenterebbe anche la complessità istituzionale, comportando il rischio di costi più elevati sia per il settore pubblico che per quello privato», si legge ancora nel report che ribadisce l’allarme lanciato da enti di ricerca italiani, come la Svimez:
«Le capacità amministrative e tecniche delle pubbliche amministrazioni restano un ostacolo critico per lo sviluppo delle regioni meridionali come rilevato da Svimez sul Pnrr». E ancora, per la Commissione sembra essere necessario andare nella direzione opposta all’autonomia: «Alcune iniziative adottate a livello nazionale indicano un maggiore coordinamento centrale dell’azione politica, in particolare per il Sud. In generale una strategia industriale e di sviluppo per il Mezzogiorno migliorerebbe il valore aggiunto degli investimenti».