Raye la nuova Amy Winehouse

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Fino a pochi mesi fa era difficile immaginare che un’artista emergente potesse reggere il confronto con l’immensa Amy Winehouse. Poi […]

Fino a pochi mesi fa era difficile immaginare che un’artista emergente potesse reggere il confronto con l’immensa Amy Winehouse. Poi è arrivata Raye, e il paragone si è fatto inevitabile. All’anagrafe Rachel Keen, nata a Londra 27 anni fa da padre inglese e madre ghanese, ha sbancato i BRIT Awards, i premi musicali del Regno Unito, portando a casa sei statuette su sette nomination.

Ma torna seria per commentare il parere di quei critici che vedono in lei la nuova Winehouse: «Amy era unica nel suo genere, non credo possa essere imitata o replicata. Non sarò mai lei, e non ci sto neanche provando». Innegabilmente i tratti in comune sono molti, in primis l’amore per il jazz riproposto in una chiave contemporanea, con venature hip hop, pop e perfino dance.

«Molti artisti di oggi sono vincolati al mercato: fanno solo ciò che funziona. Il che è estenuante e inutile, perché le mode passano». Nessuno lo sa meglio di lei, che è riuscita a pubblicare il suo acclamato album d’esordio «My 21st Century Blues» solo nel 2023, a nove anni dal suo debutto sulle scene: si dice che la sua ex etichetta non credesse nel suo progetto, ritenuto troppo rischioso e fuori dai trend, e continuasse a posticiparne l’uscita.

Prima di allora Raye si era fatta conoscere come autrice per conto terzi: ha scritto canzoni per Beyoncé, John Legend e David Guetta. Ma difficilmente avrebbe potuto proporre ad altri quelle che ha incluso in «My 21st Century Blues». accanto alle classiche ballate sugli alti e i bassi dell’amore ci sono brani sull’eco-ansia dei giovani («Environmental Anxiety»), odi alle droghe ricreative («Mary Jane»), disarmanti confessioni sulla percezione del proprio corpo («Body Dismorphia»).

«Parlare di certe esperienze all’interno di un testo, anziché con qualcuno, mi fa sentire più al sicuro. Dà molta soddisfazione prendere un evento che ti ha ferito nel profondo e trasformarlo in qualcosa di bello». L’esempio perfetto è «Ice Cream Man», che per Raye è stato il più difficile da scrivere: parla dell’aggressione sessuale subita qualche anno fa, quando era una giovane autrice e un produttore abusò di lei. «Per una donna alle prime armi l’ambiente musicale può essere insidioso: ero ansiosa di creare nuovi contatti, lavoravo sempre fino a tardi in studi appartati. Purtroppo ci sono persone che se ne rendono conto e sono pronte ad approfittarne, sapendo di avere potere su di te».

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