Il Manchester City – i più forti, i campioni – ha dichiarato ufficialmente guerra alla Premier League. Ha fatto causa alla lega che domina sportivamente. “Il calcio inglese è in una battaglia per la sopravvivenza contro un club di proprietà dei reali di Abu Dhabi, che cerca di mandare tutti gli altri nell’oblio”, scrive il Telegraph riprendendo il lunghissimo articolo del Times che ieri ha lanciato la bomba. “Il City vuole far saltare le regole che determinano il giusto valore per gli accordi commerciali, senza le quali la Lega si trasforma in un liberi tutti di spese sfrenate per chi ha ricchezze illimitate”.
In pratica: senza controlli seri sul valore degli accordi commerciali stretti dai club con entità dello stesso Stato da cui proviene il proprietario del club – si chiamano tecnicamente transazioni con parti correlate (Apt) – non può esserci fair play finanziario”. Il City, commenta il Telegraph, “cerca di far crollare l’intera struttura“.
Dall’acquisizione del 2008 da parte di Abu Dhabi, i ricavi commerciali del City sono aumentati da 26 milioni di euro (ultima stagione prima della vendita), a 399 milioni di euro nell’ultimo audit di Deloitte. La cifra per le entrate commerciali è appena inferiore ai 403 milioni di euro guadagnati dal Real Madrid per la stessa stagione.
Il City vuole eliminare la supervisione sugli affari dei club enti di Stato come con Etihad per il City, o Sela e altri dall’Arabia Saudita per il Newcastle. Cadrebbero le regole di Fair Play della Premier, le cosiddette regole di profitto e sostenibilità (Psr) che hanno portato a detrazioni di punti per Everton e Nottingham Forest. Significa che club come il City non avrebbero più alcun limite, potrebbero ingaggiare giocatori semplicemente per fare in modo che altri non possano averli.
Cadrebbe tutta l’impalcatura del calcio inglese, e dello spirito sportivo in generale, secondo il Times e il Telegraph. “Senza incertezza non c’è interesse, e senza interesse non ci sono gli accordi di trasmissione su cui la Premier League ha costruito il proprio potere”. Il City, peraltro, è già adesso “la squadra più dominante nella storia del campionato di calcio inglese. Tutto ciò che il resto del gioco gli chiede è che rispettino le regole”.
Si tratta esplicitamente di una contromossa legale del City agli ormai famigerati 115 capi d’accusa mossi contro il City per violazioni delle regole finanziarie. Fra queste c’è appunto anche la possibilità che i Citizens abbiano beneficiato di ricavi da sponsorizzazioni gonfiate grazie all’intervento diretto della proprietà del club, tramite aziende con sede in Qatar, per nascondere finanziamenti diretti e aggirare così le norme.
Ora il City è passato all’attacco. “Vogliono smantellare la dinamica che ha reso la Premier League meno iniqua e più vincente delle altre leghe europee”, scrive ancora il Telegraph. E lo sanno, “che trascinare in tribunale la Premier League e gli altri club provoca danni incommensurabili. Eppure l’editto di Abu Dhabi sembra irrefrenabile”.
Il punto è che non c’è solo il City. Per il Times c’è almeno un altro club pronto ad appoggiarli (il Newcastle?). Perché “il soft power della ricchezza derivante dai combustibili fossili del Medio Oriente si estende anche ad altri proprietari di altri club, e sarà interessante vedere come risponderanno”.