Quel lavoro le sembrava l’unica soluzione per iniziare a riscattare la propria vita. Si era diplomata in estate e avrebbe voluto proseguire gli studi all’università, ma in famiglia l’unico stipendio era quello del padre operaio e i soldi non bastavano mai. Per questo accettò un impiego come cameriera: 30 euro «in nero» a serata e, se si fosse dimostrata all’altezza, nel giro di qualche mese avrebbe ottenuto il suo primo vero contratto.
Invece, quel ristorante in Barriera di Milano si è trasformato in una sorta di prigione: costretta a cedere alle avances sessuali del titolare per non per perdere il posto di lavoro. L’uomo, 58 anni, è ora a processo: il pm Antonella Barbera lo accusa di violenza sessuale.
Sette gli episodi descritti nel capo d’imputazione e avvenuti tra il settembre 2019 e il gennaio 2020, molti di più quelli raccontati dalla 18enne al giudice. Tutti seguono un unico filo conduttore: il titolare l’avrebbe minacciata di licenziamento per obbligarla ad assecondare i propri desideri morbosi. «Dovresti ringraziarmi che ti sto insegnando un mestiere», le ripeteva quando lei cercava di sottrarsi alle violenze.
La prima volta le chiese un «bacio», lei si rifiutò. Lui l’attirò a sé afferrandola per il maglione e la baciò con forza. Poi le richieste si sono fatte più audaci, intime, brutali. Come il giorno in cui la costrinse a spogliarsi, minacciandola di imporle un giorno di riposo e quindi di non pagarla. Abusi che sarebbero avvenuti all’interno del ristorante, nei locali cucina. Ma anche a casa dell’uomo, dove la giovane sarebbe stata attirata con l’inganno. Una sera, «approfittando dell’assenza di altri dipendenti e della propria forza fisica», l’avrebbe pesantemente molestata, indugiando con le mani su diverse parti del corpo. Altre volte l’avrebbe apostrofata con frasi a sfondo sessuale, incurante della presenza dei colleghi di lavoro.
Nel dicembre 2019 la 18enne si è infine rivolta alla polizia. E in lacrime ha raccontato quello che accadeva dietro le quinte del ristorante e gli abusi che doveva sopportare per poter continuare a lavorare. Due volte si è presentata in commissariato e nonostante la paura e la vergogna ha dettagliato circostanze e luoghi descrivendo le umiliazioni sessuali che il titolare le riservava. «All’inizio la storia ci apparve paradossale ha spiegato un investigatore poi ci ha mostrato i messaggi e descritto con dovizia di particolari il ristorante e anche la casa dell’uomo. Quando abbiamo eseguito la perquisizione, tutto corrispondeva». Dopo l’intervento della polizia, la ragazza ha lasciato il lavoro. Il ristoratore nega le accuse. Il dibattimento è nelle fasi finali e il prossimo 30 maggio è fissata l’ultima udienza.